RELAZIONI Convegno Storia 2011 - MORLUPO (Roma)


 Matteo Cornelius Sullivan
Due Stati per salvare una Nazione

Nella sua relazione “Due Stati per salvare una Nazione” riflette sull'utilità e sugli effetti della creazione della Repubblica Sociale Italiana dopo l'8 settembre 1943.



Nino Galloni
1947 - Anno di svolta


- La scissione del PSI
- La riduzione di sovranità nazionale
- I compromessi di De Gasperi
-  Le pressioni americane e l’uscita dei social comunisti dall’area di governo
-  L’allontanamento dei cattolici dalle leve del potere bancario e monetario
-  L’Italia tra mercato e Stato, tra libera iniziativa ed esigenze programmatiche
All’indomani della seconda guerra mondiale, il Paese trova una situazione di ritardo nella ricostruzione dopo le devastazioni del conflitto, tra cui risalta sopra tutte quella riguardante l’attività produttiva. Essa risulta deficitaria in ogni comparto, comprese l’agricoltura e l’alimentazione. Non deve stupire, quindi, se la produzione diviene un valore in sé: in tempi di abbondanza si dà meno importanza al prodotto!!
E’ impressionante constatare che la produzione nel 1947 risulta di gran lunga inferiore a quella del 1938 (ciò conferma il ritardo nella ricostruzione); le quantità esportate nel 1947 sono un terzo di quanto accadeva per l’anno precedente l’entrata in guerra dell’Italia; le importazioni sono più alte proprio con l’eccezione di quelle strumentali alla produzione.
Ma, paradossalmente, la circostanza del ritardo produttivo e imprenditivo del 1947 consente di raggiungere una spiegazione circa il successo nella cruciale e spietata manovra anti-inflattiva – iniziata da Campilli nella primavera e conclusa da Einaudi nell’autunno – basata su un aumento senza precedenti del tasso di interesse (sconto).
In un sistema produttivo ed imprenditivo ben strutturato, infatti, livelli del tasso di interesse dieci o venti volte superiori a quelli medi (storici), avrebbe finito per stimolare l’inflazione attraverso la traslazione dei maggiori costi sui prezzi; ma laddove esisteva ben poco in termini di offerta, l’effetto di quella manovra fu paralizzante (e basta) nel breve periodo ed ebbe, quindi, ragione sull’impennata inflattiva.
Se l’economia fosse stata sviluppata, infatti, la domanda di moneta per investimenti (almeno la parte più rigida di essa) avrebbe spinto verso l’alto la struttura dei costi; invece, con un’economia arretrata, tradizionale e agricola la domanda di moneta per investimenti (ma anche per il finanziamento dell’esercizio) si ferma e l’effetto deflattivo compensa (controbilancia) quello inflattivo.
Ciò accresce enormemente la stima e l’alone di mistero nei confronti degli economisti liberali, proprio mentre questi ultimi ed i loro “cugini” socialdemocratici (dopo la scissione di gennaio dal PSI) prendono il posto – nella maggioranza – dei socialcomunisti che escono (definitivamente) dal governo. Ma l’aspetto più importante di tale circostanza non è l’uscita dei comunisti e dei socialisti dalla compagine governativa che, fino a quel momento aveva semplicemente ricalcato lo schema di alleanze della Resistenza, sibbene la sostanziale espunzione dei cattolici dalle leve del potere finanziario e monetario.
Nel 1947 Togliatti aveva valutato come male minore l’uscita dal governo nazionale, considerato che gli aiuti americani apparivano inevitabili ed un’eventuale alternativa insurrezionale fortemente osteggiata dall’Unione Sovietica.
Certo, la sostanziale imposizione americana di un allontanamento dei socialcomunisti dal governo, in cambio degli aiuti – anche alimentari – andava ad aggravare la posizione e l’immagine di De Gasperi e della stessa Democrazia Cristiana che usciva dalla Conferenza di Parigi (Trattato di Pace) con un forte ridimensionamento della sovranità nazionale.
In sintesi, la Democrazia Cristiana si rafforza come consensi che comprendono anche gli ambienti qualunquistici, la destra vaticana (più cattolica che cristiana), la componente elettorale che considera prioritario sostenere l’alternativa concreta al PCI: così, proprio a partire dal 1947 e dagli esordi della cosiddetta guerra fredda, la DC si scopre anticomunista non per vocazione, ma per necessità.
E siccome non avviene un vero e proprio passaggio di consegne ad un nuovo vertice visceralmente anticomunista, ma permane il disegno originario della DC (sebbene non possa non segnalarsi un significativo e non definitivo ridimensionamento del ruolo di Vanoni e di altri rappresentanti del mondo cattolico come Dossetti e gli animatori della Rivista Cronache Sociali), accade che cresca la distanza tra la base popolare e la classe dirigente che cerca una sorta di “terza via” (capitalismo misto a socialismo) tra mercato selvaggio e pianificazione di Stato.
Questa distanza tra elettorato e leadership viene colmata, paradossalmente, dalla convergenza con le opposizioni di sinistra sulle grandi problematiche delle istituzioni democratiche (quelle fondate sull’accordo legislativo nella comunione governativa uscita dalla Resistenza); e, quindi, proprio quel PCI che spinge l’elettorato di destra verso la DC, finisce per legittimare il vertice del partito cattolico (o,almeno, la parte più attiva e propositiva di esso) giustificando la distanza con il coacervo anticomunista del suo elettorato.
 Se ciò è esatto, la distanza tra De Gasperi ed altri democristiani del suo gabinetto e dintorni si    rivela inferiore a quella che trapela dagli atti ufficiali.
La ricerca specifica, quindi, potrà gettare nuova luce sul De Gasperi che – pur consapevole della degradazione del Paese avvenuta col Trattato di Parigi, delle conseguenze dell’abbandono ai liberali delle leve del potere bancario e monetario, dell’esigenza di introdurre maggior dirigismo pubblico nell’economia  - opta per compromessi che salvaguardino almeno una parte significativa della libertà (o autonomia) nazionale, di quella delle imprese, di quella dei singoli.
Non muore con i regressi del 1947, allora, l’idea che sia possibile un modello che, pur basandosi sulla libertà d’impresa, tuttavia promuova una presenza pubblica nell’economia capace di regolare la qualità delle esportazioni e di ammortizzare le quantità di importazioni.
Negli anni successivi al 1947, infatti, che segnano l’inizio di una ripresa che porterà in circa un quindicennio a risultati eccellenti, si cominciano a delineare strategie geopolitiche che consentiranno all’Italia di conseguire un maggiore equilibrio, sui mercati internazionali, tra risorse che devono, comunque, continuare ad essere importate e beni destinati alla penetrazione in aree definite proprio dal posizionamento del Paese: snodo tra Est e Ovest, europeo, filoamericano, ma anche filoarabo e in una relazione molto speciale con l’area comunista e la stessa Unione Sovietica.


Giovanni Bartolone
Dal referendum istituzionale monarchia repubblica del 2 giugno 1946 al diktat


 La vittoria della repubblica al referendum istituzionale del 1946 è stata sempre contestata. Per molti la repubblica è nata nel sangue e nella truffa elettorale. Altri aggiungono grazie ad un colpo di Stato commesso dal governo, che proclamò la repubblica, a risultati provvisori e ancora sub judice.  Re Umberto II partì per evitare una nuova guerra civile e la frantumazione dell’Italia. Il ritorno della democrazia non significò il suffragio universale. Quasi il 10% degli italiani fu privato del diritto di voto. Si votò in un’Italia semidistrutta e ancora occupata militarmente, che avrebbe firmato qualche mese dopo il trattato di pace, le cui pesanti condizioni erano sconosciute ai cittadini. In caso di permanenza della Monarchia le condizioni di pace sarebbero state molto probabilmente più favorevoli all’Italia.


Stefano Fabei
Estremo tentativo mussoliniano di salvare l'indipendenza nazionale trasmettendo il potere ai socialisti

Tra il 1944 e il 1945 Mussolini e alcuni uomini della Repubblica Sociale Italiana tentano di raggiungere un accordo con le forze della Resistenza ritenute ideologicamente e politicamente meno lontane dal fascismo delle origini cui vorrebbero trasmettere il potere in modo indolore, evitando la guerra civile e preservando l'unità e l'indipendenza della Nazione dai blocchi che stanno emergendo quali vincitori della Seconda guerra mondiale. 
Il 22 aprile 1945 il Duce, con un’ultima manovra politica, consegna al giornalista antifascista Carlo Silvestri, convocato in prefettura a Milano, perché la recapiti all’esecutivo del PSIUP, una proposta in cui afferma testualmente: «Poiché la successione è aperta in conseguenza dell'invasione angloamericana Mussolini desidera consegnare la Repubblica sociale ai repubblicani e non ai monarchici; la socializzazione e tutto il resto ai socialisti e non ai borghesi.» È l’invito del dittatore al Partito socialista, con l’accordo del Partito d'azione e il tacito consenso del PCI, a prendere in consegna la città di Milano e a mantenere l’ordine pubblico, per cui mette addirittura a disposizione reparti della RSI. Deve essere questo lo sbocco dell'operazione «ponte» che il dittatore ha messo in atto da alcuni mesi con la collaborazione di Silvestri, di Edmondo Cione e in cui coinvolge il comandante delle formazioni partigiane socialiste «Matteotti» Corrado Bonfantini e altri personaggi della Resistenza. Ma l’intransigenza di Lelio Basso e, soprattutto, di Sandro Pertini fanno fallire questo progetto cui molti, da entrambe le parti, guardano con opportunismo o con buona fede.
All’operazione fin dall’inizio si oppongono, per ragioni opposte, i tedeschi e gli intransigenti di Salò, Farinacci, Mezzasoma e Pavolini, e il Partito Comunista italiano, che finirà così per fare il gioco del blocco occidentale, contribuendo a consegnare l’Italia nelle mani degli americani. Tuttavia, in uno scenario che vede il fascismo vinto sul piano politico e militare, diversi mesi durano i contatti che si sviluppano tra ambiguità e mezze promesse, tranelli e doppi giochi: una conferma per certi aspetti di quella tendenza italiana a tenere i piedi su due staffe, in attesa del corso degli eventi, e di un trasformismo tipico del Bel Paese.



Gian Paolo Pucciarelli
Operazione Barbarossa, ARMIR (Armata Italiana In Russia), Petrolio

L'armistizio di Cassibile è la conclusione obbligatoria della prima fase del piano economico/finanziario, sottoscritto dal Savoia col Patto di Londra del 1915, mirante all'acquisizione da parte del Gotha finanziario Angloamericano del controllo assoluto (o quasi) di:
a) economia mondiale
b) risorse energetiche del Pianeta
Il piano è ideato e strutturato dalla Rothschild House di Londra che cooredina il binomio finanzamondiale/petrolio attraverso i gruppi bancari e finanziari Morgan, Rockefeller,Kuhn Loeb Co, J. Henry Schroder Co. oltre a 17 "Accepting Houses della City londinese (International Banking)
Il piano si realizza con l'applicazione del sistema Federal Reserve ( Quale? vedere art. su sito FINCRSI) Legge del 1913. Il Capitalismo Finanziario opera attraverso i mercati (Wall Street principalmente) e, distinguendosi dal Capitalismo produttivo, agisce nel modo seguente:
a) tende a creare un debito pubblico permanente, imponendo aagli Stati di sottoscrivere prestiti/finanziamenti (per mezzo di proprie holding multinazionali), al fine di poterne orientare le decisioni politiche
b)fomenta e finanzia rivoluzioni, partiti e movimenti politici (Liberali, conservatori, progressisti dittatoriali) al fine di indurre gli Stati a ricorrere al credito che il suo potente nucleo di banchieri può fornire. Lo scopo è quello di aumentare le spese pubbliche anche con l'acquisto e lo sviluppo di armamenti.
c) garantisce apparentemente (attraverso il miraggio di pace e  benessere sociale e materiale), la salvaguardia dei diritti delle masse, per assumerne il controllo attraverso la costruzione del consenso e la formazione della pubblica opinione. Le stesse masse (quelle che poi pagano il debito dello Stato con le tasse e l'inflazione e sui campi di battaglia), sono quelle che possono assumere , con varie manovre e precostruiti eventi, i ruoli di sostenitrici del leader di turno, ma anche quello di carnefice o martire.
Vittorio Emanuele III obbedisce alle direttive del RIIA (Royale Institute of International Affairs) di Londra quando offre a Mussolini l'incarico di formare il governo nel 1922, così come nel periodo che precede il 25/7/43, perché la Hambros Bank di Londra , affiliata Rothschild, detiene in garanzia il tesoro dei Savoia. Lo stesso modo di agire da parte del Re si riscontra, allorché incarica un Generale in vesti borghesi di firmare l'armistizio nel paese siciliano. I suoi soldi conservati nei forzieri inglesi costano la sovranità del popolo italiano e il definitivo addio di un'Italiana Potenza nel Mediterraneo. Ipotesi non certo remota: visto che il petrolio del Caucaso sembrava facile da raggiungere. In questa prospettiva si era costituita l'ARMIR (Armata Italiana In Russia). Ma la tragedia di Russia è stata ben preconfezionata. Ci hanno pensato gli Americani con la Legge "Affitti e Prestiti" a scongiurare il serio rischio che due pericolosi concorrenti potessero compromettere l'esclusivo e quasi assoluto monopolio angloamericano sul petrolio del Caucaso, del Golfo Persico, e del Medio Oriente.


Massimo Filippini
La vicenda di Cefalonia: dal mito alla realtà

La rivisitazione -alla luce di recenti approfondimenti- di una pagina tragica della nostra storia
Breve Sintesi.
I tragici fatti di Cefalonia del settembre 1943 sono stati sempre rappresentati come conseguenza di una ‘iniziativa’ spontanea e plebiscitaria della div. Acqui che l’8 settembre decise di combattere a seguito –oltretutto- di un referendum, contro l’ex alleato tedesco da cui venne totalmente sterminata -sia nei combattimenti che dopo la resa- nella misura di quasi tutti i suoi circa 11. 500 effettivi di cui si salvarono pochissimi che al comando del cap. Apollonio proseguirono la lotta ‘sui monti’ –come dice l’ANPI- pervasi da un indomabile furore antinazista in netto contrasto con le risultanze storiche che attribuiscono a costoro il ruolo di “collaboratori” dei tedeschi il cui ‘comandante’ Apollonio –come scritto nella Requisitoria del PM Stellacci al processo del 1956/57-  era talmente affiatato con essi ‘da essere ammesso poco tempo dopo i fatti alla loro mensa ufficiali”.
(Tutto ciò -a detta dell’ex pres. Ciampi- sarebbe stato il ‘primo’ atto della Resistenza !)..
Tale agiografica ricostruzione dei fatti è FALSA perché la div. ‘Acqui’ non decise nulla come del resto è agevole dedurre considerando che in una Grande Unità Militare com’era la ‘Acqui’ chi ‘decide’ è il Comandante e nessun altro. E che la div. Acqui fosse un’ Unità MILITARE e non PARTIGIANA è più che evidente come dimostra il fatto che il gen. Gandin ricevette lo specifico ed infame ‘Ordine di Resistere’ il 13 settembre (‘Comunicate at gen. Gandin che deve resistere CON LE ARMI at intimazioni tedesche di disarmo a Cefalonia Corfù et altre isole), cui dovette ’suo malgrado’  obbedire.
Ho detto ‘infame’ e lo confermo perché esso fu inviato da un Comando Supremo fuggiasco a Brindisi con la cricca badogliana nella piena consapevolezza di non poter inviare alcun aiuto e addirittura senza una previa DICHIARAZIONE DI GUERRA alla Germania che equiparò - agli occhi degli inferociti tedeschi- i nostri militari mandati allo sbaraglio a ‘partigiani’ o ‘franchi tiratori’ come tali fucilabili sul posto al momento della cattura. E buon per loro che i tedeschi si ‘limitarono’ –se così può dirsi- a fucilare gli ufficiali come ‘responsabili’ dei loro uomini.
Le nostre perdite pertanto –pur dolorosissime come sa chi scrive- furono infinitamente minori delle 9/10.000 Vittime di cui parlano  perfino le nostre FFAA malgrado siano DEPOSITARIE nei loro Archivi  - Ufficio Storico dello Stato maggiore Esercito e ’Uff. ALBO D’ORO del Min. Difesa- dei DOCUMENTI che dimostrano il contrario e che il sottoscritto ha consultato per riportare alla REALTA un fatto  arbitrariamente presentato alla pubblica opinione come un MITO onde nascondere le terribili responsabilità ‘esterne’ (leggi Badoglio e Comando Supremo) ed ‘interne’ (leggi ufficiali ‘sediziosi’ della divisione) alla ‘Acqui’ che armarono la mano crudele ed inesorabile dei tedeschi.

Maria Antonietta Maroccchi
Maggio 1945- Maggio 2011- Figlia di esuli di Capodistria e parente di un poliziotto arrestato a Fiume il 3 maggio '45, ricordo i fatti accaduti nelle terre dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia

FIGLIA DI ESULI ISTRIANI,  CHE ABBANDONARONO I LORO BENI PER RESTARE ITALIANI, FUGGITI SU UNA PICCOLA IMBARCAZIONE, DA TANTI ANNI HO SENTITO IL DOVERE DI FARE QUALCOSA, AFFINCHE’ LA PAGINA TRAGICA DELLE FOIBE E DELL’ESODO DEI 350MILA ESULI DALL’ISTRIA, DA FIUME E DALLA DALMAZIA, SIA PIU’ CONOSCIUTA.
GRIDO, PARLO E SCRIVO, PROPRIO PER RICORDARE CHE I LIBRI DI TESTO DEI NOSTRI GIOVANI, NONOSTANTE CI SIA STATO UN GRAN PARLARE, NELL’ANNO 2000, DI REVISIONISMO, ANCORA OGGI, NEL 2011, SONO QUASI ASSENTI DI QUESTA PAGINA DI STORIA VERA!
NEL 2010, PER LA PRIMA VOLTA E’ STATO DATO ALLA MATURITA’, LA POSSIBILITA’ DI SVOLGERE UN TEMA SULLE FOIBE, MA SOLO IL 0,6 DEI GIOVANI HANNO POTUTO SVOLGERLO, PROPRIO PERCHE’ NON SANNO COSA SCRIVERE, PERCHE’ NON HANNO STUDIATO NIENTE AL RIGUARDO NEI LORO TESTI!
FIGLIA DI QUELLE TERRE, NON SOPPORTO QUESTA MANCANZA GRAVISSIMA! PER QUESTO HO SCRITTO DUE LIBRI, IL PRIMO E’ STATO PUBBLICATO NEL 2001, E IL SECONDO NEL 2010. MI CHIAMANO IN MOLTI ISTITUTI SCOLASTICI, E GRANDE E’ IL MIO STUPORE NEL VEDERE COME I GIOVANI NON SANNO E COME SOPRATTUTTO HANNO SETE DI SAPERE. VOGLIONO CONOSCERE QUANTO E’ ACCADUTO NELLE NOSTRE TERRE ORIENTALI, E PERCHE’ NON E’ PERMESSO A LORO DI STUDIARLO NEI LORO TESTI SCOLASTICI!

NARRANDO LA FUGA DELLA MIA FAMIGLIA, DA CAPODISTRIA, NARRO DELLA FUGA DEI 350MILA ESULI . RACCONTANDO COME FU IMPRIGIONATO UN MIO PARENTE CHE PRESTAVA SERVIZIO PRESSO LA QUESTURA DI FIUME E DI COME FU FUCILATO IL 16 GIUGNO 1945, NARRO DELLA FINE TRAGICA DI MOLTI NOSTRI MILITARI ITALIANI, PROVENIENTI DA MOLTI CITTA’ ITALIANE!
PER RICORDARE IL SUO SACRIFICIO PER LA PATRIA, HO RITIRATO IL 10 FEBBRAIO 2010, IN QUIRINALE, UNA MEDAGLIA CHE IL 10 FEBBRAIO 2011 HO CONSEGNATO AD ASCOLI PICENO, AL SINDACO DI ROTELLA, PAESE DOVE GROSSETTI ERA NATO, ALLA PRESENZA DI 12 PERSONE ISTITUZIONALE, IN UN CONVEGNO CON 400 STUDENTI1
RICORDO QUINDI ANCHE AL CONVENGO DI STORIA, QUA’ A MORLUPO, LE SOFFERENZE DEI NOSTRI MILITARI CHE FURONO PRESI E PORTATI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO DI TITO. LEGGERO’ INFATTI ALCUNE DICHIARAZIONI FIRMATE DA SOLDATI, CHE SONO RIUSCITI A RITORNARE DA QUESTI CAMPI E HANNO RACCONTATI ORRIBILI VERITA’ CHE DEVONO ESSERE CONOSCIUTE1
MA PARLERO’ ANCHE DELLE DONNE, LE NOSTRE DONNE ITALIANE CHE ACCOMPAGNAVANO DA LONTANO LE COLONNE DEI PRIGIONIERI CHE SI RECAVANO AI LAVORI FORZATI.
NON POSSO DIMENTICARE, QUANTO HO INSERITO NEL MIO ULTIMO LIBRO, FOIBE (S)CONOSCIUTE, RIGUARDANTE IL BEATO DON FRANCESCO BONIFACIO, UCCISO NEL 1946 E GETTATO IN UNA FOIBA, VOLUTO BEATO DA QUESTO PAPA ATTUALE, NEL 2008, E LA VITA DEL VESCOVO DI ALLORA MONS. ANTONIO SANTIN.
MA PARLANDO DI STORIA, DEL 1947, DEL TRATTATO DI PARIGI, DEL 150 DELL’UNITA’ D’ITALIA, GRANDE E’ LA MIA AMAREZZA, NEL PARLARVI DEI DIRITTI DEGLI ESULI CHE ANCORA NON HANNO UNA GIUSTIZIA GIUSTA PER QUANTO RIGUARDA I LORO BENI ABBANDONATI, ANZI ESPROPRIATI.



Luigi Antonio Fino

BRINDISI, CAPITALE DELLA VERGOGNA.



A più di sessant’anni dalla fine del II Conflitto Mondiale la storia dei delitti degli Alleati e dei loro servili complici è ancora misconosciuta.
Questo piccolo contributo intende far conoscere alcune delle verità nascoste, per pudore o viltà, ed in modo particolare esaltare la dignità di chi non si arrese o dei tanti che, pur non schierandosi, garantirono la sopravvivenza di migliaia di persone prive di mezzi di sostentamento. 
Si assisté infatti ad una destrutturazione dello Stato, a cambiamenti di ruoli subitanei quanto imprevedibili perché solo la solidarietà intesa come valore al di fuori di ogni logica di parte, poté essere esaltata come splendida risorsa del popolo pugliese.
E’ indispensabile che questa memoria venga ritrovata anche in una regione come la Puglia, resa  nota alle cronache da vent’anni a questa parte come accogliente e solidale con profughi e migranti,  e che ha vissuto nel giro di un paio di generazioni un mutamento antropologico di portata epocale.
La perdita di identità nazionale è avvenuta nel silenzio e nelle regioni meridionali ha prodotto una spaventosa ripresa del fenomeno migratorio nel dopoguerra.
Oggi l’emigrazione, valutata in circa settantamila giovani all’anno, è per lo più intellettuale, ed anche questo ferisce la dignità della nostra gente rendendola incapace di esprimere una propria autonoma identità progettuale per il futuro.





 Raffaele Panico


Intorno all’attualità di una nuova idea di Primato 
degli Italiani






1.     Il primato di Vincenzo Gioberti.

Passi discorsivi dall’idea di Primato di Vincenzo GiobertiSul primato degli italiani il Gioberti scrive: L’Europa moderna rende immagine di una vasta officina, in cui ogni popolo rappresenta una classe speciale di operatori. Passerà gran tempo prima che l’Inghilterra abbia eguali negli artifici utili […], la Germana nelle dottrine, […] la Francia nella fantasia politica di esecuzione che la lingua facile il brio spiritoso e l’impeto cavalleresco le conferiscono in Europa. […] Il mondo civile ha certo obblighi insigni verso i tre popoli illustri, che ora primeggiano: […] ma il primato di uno di essi par che minacci la morale e la religione, l’altro la proprietà e la famiglia, il terzo l’autonomia e il decoro delle nazioni: onde in fine siasi per riuscire a un materialismo economico, filosofico e politico, foriero di barbarie e di miseria civile. Ora, per abilitare questi primati a portare i loro frutti senza veleno e ad essere edificativi di ordini nuovi si richiede il ristauro del primato italiano, il quale è richiesto a ordinare l’Europa. […] L’Italia è la nazione generatrice e quasi […] l’embrione dell’Europa moderna […]; onde i suoi figliuoli, come dice Alfonso Lamartine hanno tuttora impressa sul volto la ,maestà severa e il carattere dei primordi» (v Gioberti, Del rinnovamento civile d’Italia).

2.       Il Primato di Giovanni Papini. Tra Futurismo e anticlericalismo


Dall’epoca risorgimentale di Gioberti, del Primato italiano, romano e papalino, dopo il 1861 la “volontà italiana” vuole la capitale a Roma. Destini imperiali attendono, dove si dovrà fare, in poco più di un sessantennio – a partire dal 1870 – il secondo Impero 1936-41. Manca l’appuntamento con un pubblico degno a far apprezzare il genio della Nazione italiana nel mondo.
Leggiamo il Discorso di Roma, di Giovanni Papini, qui risalta l’incompatibilità organica tra l’Italia del papa, e del re, quindi della tradizione e della morale borghese, Italia liberale e affaristica, dei notabili e delle camarille, l’Italia bizantina, sconfitta nelle coscienze nel 1911, con la guerra italo-turca per la conquista della Libia (la Tripolitania e Cirenaica ottomana da Roma unificate) e le isole del Dodecaneso. Italia nuova, giovane, vincente! I futuristi l’Italia bizantina la vedono stigmatizzata dal freddo monumento marmoreo di piazza Venezia, che ‘trasuda’ simbologia di una patria massonica, dedicato nel 1911 a Vittorio Emanuele II, solo dopo la Grande Guerra anche al Milite Ignoto..
Il Primato degli italiani, in una visione storica protesa al futuro, futurologica anziché archeologica (costruzione modernizzante contro i ruderi del passato da conservare e compiangere) era un’idea su cui Giovanni Papini meditava da tempo, lui scrive (in, Postilla, «Lacerba», 15 ottobre 1913, anno I, n. 20, pp. 222-224): “Nel 1896, al tempo di Adua, io stavo lavorando a un Primato più radicale di quello di Gioberti. Nel 1904, al tempo dello sciopero generale, io fui uno dei pionieri del nazionalismo italiano come redattore capo del Regno di Corradini. […] Ora credo che ci siano altri modi di fare del bene al proprio paese, diversi da quelli preconizzati dai passatisti dell’Idea nazionale”. Il sasso era gettato, il Tevere era oltrepassato!

3.     Il Regime da movimento di popolo a dittatura di un uomo solo:
Mussolini fonda l’impero effimero, pochi anni… come Napoleone Bonaparte.
 
  Sistemato il Concordato con la Chiesa nel 1928, il Regime fascista inizia a puntare in alto. Si apre l’era dell’«universalismo fascista». Due fatti contraddistinguono il Regime: gli studi del Gruppo scientifico segreto sulle comunicazioni e lo studio dell’atomo dedicato a Guglielmo Marconi (1933), e i Comitati d’azione per l’universalità di Roma (CAUR) organizzati da Eugenio Coselschi nello stesso anno. Questo secondo indirizzo era destinato a mantenere i contatti con gli stranieri residenti in Italia ma, soprattutto, preparare la geopolitica dell’impero da mettere in cantiere da lì a poco. All’estero, i CAUR, tessevano la creazione di una rete di rapporti tra il partito-guida italiano e i suoi rampolli. Era il terreno fertile di coltura per la base di un’Internazionale fascista per molti aspetti speculare al Komintern comunista. Si articolava in attività all’estero che intendevano propagandare l’egemonia dell’uomo nuovo fascista, soprattutto nell’area danubiana ex impero asburgico, fino in Polonia. L’uomo nuovo fascista era molto più simile all’uomo nuovo sovietico, entrambi i regimi, di Roma e di Mosca, erano convinti che con una serrata educazione i popoli e gli individui potevano essere plasmati e forgiati per una migliore umanità. Di altro canto era la camicia di forza del nazismo: nato in una razza, in un popolo, l’individuo non aveva alcuna possibilità per elevarsi, autodeterminarsi o redimersi o passare da un popolo all’altro, da una cultura a un’altra o da una casta all’altra come nella lontana India allora dominio inglese.
Entrambi gli istituti fascisti, il Gruppo Guglielmo Marconi e i CAUR, vennero fondati nel1933, anno che vedeva anche l’ascesa al potere di Hitler in Germania, un concorrente in Europa, ovvio, più del Fascismo italiano che del Bolscevismo russo. La guerra d’Etiopia, l’orientamento dell’opinione pubblica mondiale soprattutto araba favorevole all’Italia nella lotta contro le sanzioni della Società delle Nazioni volute dall’Inghilterra, videro il risultato più alto raggiunto dalla geopolitica dei Comitati per l’Universalità di Roma. Errore fatale di Roma è stato invece il coinvolgimento di tante energie nella guerra di Spagna che distoglieva l’intrapresa della modernità della Nazione, dal “cantiere aperto”, dalle bonifiche integrali che dovevano durare una trentina di anni nella Madrepatria e nelle nuove provincie dell’Impero, dalla costruzione di infrastrutture (città, borghi, strade, ferrovie, porti, opifici, centrali idroelettriche…).
La guerra di Spagna terribile guerra civile europea, vide gli italiani impegnati sui due fronti, e si avviava il tormentato avvicinamento dell’Italia alla Germania, complice anche l’Inghilterra che poco fece per allontanare la prossima distruzione sul continente e la perdita del suo stesso impero. Spagna, preludio per gli italiani della più vasta guerra civile mondiale, sul territorio della patria, dopo lo Sbarco in Sicilia e la risalita della penisola degli Alleati. Una tragedia immane che si vide nel passato solo con le guerre gotico-bizantine o, agli inizi del Cinquecento, con le guerre franco-spagnole: quella, causate dal Papa chiamando lo Straniero; quest’ultima distruzione dovuta a un fatale errore di Mussolini non fermato a suo tempo né dalla Monarchia né dal Gran Consiglio, che lo fece solo il 25 luglio del 1943, a tragedia ormai già consumata in merito alla sovranità nazionale. Benito Mussolini Duce del fascismo, Capo del Governo e Fondatore dell’Impero, dal balcone di Palazzo Venezia, annunciava al popolo italiano e al mondo, interrotto dalla folla acclamante la Dichiarazione di Guerra a Francia e Inghilterra. Era il 10 giugno 1940, anniversario del sequestro e dell’omicidio di Giacomo Matteotti.

Nota bibliografica su Eugenio Coselschi
Eugenio Coselschi dopo la Grande Guerra nel gennaio del 1920 si stabilì a Bibbiena nei pressi di Arezzo dove costituì una associazione che raggruppava i volontari toscani. Nel 1933, stesso anno del Gruppo di studi "Guglielmo Marconi" si avviava la fondazione anche dell'Universal Fascismo, l’Internazionale nera: un atto voluto di ripartizione temporale non casuale, di fondazione Mistica della Nazione italiana, ossia, l’ipotesi di dare alla storia mondiale un assioma di Unità fondata sulla numerologia 33 + 33 + 33 + 1 (come i canti della Divina Commedia), per arrivare alla fine del XX secolo, pronti a federare altre Nazioni per l'Unità del Mondo. Osserviamo col senno del poi il XX secolo: nel 1933 il Hitler al potere in Germania; nel 1966 l’Italia oramai potenza industriale e nel novero delle prime potenze mondiali nonostante la guerra persa, e infine nel 1999 vediamo l’ultimo anno di un secolo che scivolava verso una globalizzazione impazzita e il terrorismo globale. Secondo la Scuola di Mistica di Niccolò Giani, si voleva fondare una progressiva Unità civilizzatrice del Mondo sulla concezione di Fede e Impero viva essenza di idee ritornanti e ricorrenti dai tempi di Dante Alighieri, un termine medio tra Mondo Antico e Nostro Mondo moderno. Il nuovo Impero di Roma si andava fondando sulla mistica di Fede religiosa e politica..... i corsi e ricorsi storici di Giovan Battista Vico, rientravano in questo Universal Fascismo di nazione portatrice di cultura, capace di sensibilizzare gli altri popoli e farli concorrere alla missione di civiltà, grazie al primato indiscusso della sua cultura. Il Duce però tolse di mezzo tutti i migliori suoi uomini che già gli presentavano, senza successo, lo scivolamento verso un regime, quello nazista, che sentivano lontano e ostile, e proprio nel 1939 riuscì a buttare nel baratro della "confusione mentale" 16 anni di percorso fondativo del nuovo Impero di Roma inaugurato nel maggio 1936. I movimenti e gli intellettuali fascisti europei raccolti attorno ai CAUR e al fascismo italiano, al mito della latinità, alla figura del Duce protettore delle religioni dell’Impero italiano, cristiana cattolica, islamica e cristiano coopta, vennero spiazzati dalla esuberante politica tedesca a ben vedere in antitesi con quanto l’Italia fascista aveva sin lì operato. Benito Mussolini, Duce del fascismo, Capo del Governo e Fondatore dell’Impero, dal balcone di Palazzo Venezia, annunciava al popolo italiano (e, a Roma vuol dire, esprimersi al mondo intero), alla folla oceanica inebriata dalle Vittorie, la triste quanto inutile Dichiarazione di Guerra alla Francia e all’Inghilterra. Il 10 giugno 1940, anniversario del sequestro e omicidio di Giacomo Matteotti. Si annunciava già un 8 settembre che a Fiume era stata la data della promulgazione della Costituzione del Carnaro del 1920. Tristi ricorrenze, “Natale di Sangue” lì, a Fiume, nel Golfo segnato da Dante nella Divina Commedia termine del confine dell’Italia. Nel pensare e volere, sbagliò nell’agire con la guerra. Il seguito un finale da macelleria a piazzale Loreto. Per lui nessun esilio di Sant’Elena. Nessun processo mediatico, solo un veloce finale, che richiama, in questi giorni, quello di un …Bin Laden.